Osteria 
  La Cassina di
  Pòmm
  Tratto da “Vecchie Osterie Milanesi” di Luigi Medici   | 
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   Là dove il Naviglio
  s'incurva sorge la Cascina dei Pomi. La casa dell'osteria sembra  spezzata, meglio ripiegata a foggia di paravento
  e, tra le due ali del piccolo fabbricato, si apre il cortiletto irregolare.
  Un'aria dolce ospitalità c'invita, ed entriamo. Fu proprio qui, tra le tavole di questa osteria, che il Poeta del Marchionn fece il brindisi famoso il 14 di maggio del 1809? (1).  | 
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   Alcuni studiosi milanesi non ritengono anzitutto (non dico se a torto o a ragione) del grande poeta lombardo, questa lirica, che accese tante dispute sull'opportunismo politico del Porta; comunque l'eco de' suoi ottonari ci ritorna all'orecchio dalle volte della vecchia locanda. E qui è bene far precedere una paginetta di storia. L'Austria nel 1809, pretese di sorprendere Napoleone, movendogli d'improvviso duplice guerra, sul Danubio e in Italia.  | 
  
   
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   E il Bonaparte, che aveva preveduto
  l'assalto della nemica, volò al Danubio, in persona, contro l'arciduca
  austriaco Carlo e spedì il vicerè del Regno Italico, Eugenio Beàuharnais,
  sull'Isonzo, contro l'arciduca Giovanni. Impaziente di segnalarsi, Eugenio
  attaccò il nemico sulla pianura di Sacile, ed ebbe la peggio. Già i fautori
  dell'Austria ne gioivano, ma ecco mutarsi le sorti dei contendenti. A Wagram
  le forze unite di Napoleone avevano il sopravvento e operavano miracoli. «
  S'improvvisarono allora feste e banchetti. A un pranzo alla Cascina dei Pomi,
  nel sobborgo di Milano (scrive il Barbiera) allora famosa per le gite amorose
  ed epicuree, Carlo Porta lesse un brindisi che 'ritrae quelle paure,' quegli
  sbigottimenti all'idea di tornare alle sevizie già patite sotto gli Austro Russi
  vittoriosi dei francesi (nel 1799) ed è ebbro di giubilo, per la vittoria ». Il brindisi finisce con un
  osanna a Napoleone.   Ah
  refiadi!... L'é vegnúu  Finalment
  el bollettin;  Finalment
  el s'è movúu  Quell'Omett
  del cappellin.   (nomignolo
  che veniva dato a Napoleone)   Moeuves lù: liberann nun  Da quij
  teutter marcaditt,  L'é mo
  propi staa tutt un;  Oh che
  omon! L'hoo semper ditt.   Alla
  barba di pattan E de
  quij che ten de lor, Sbraggemm
  donc, coi tazz in man: Viva el
  nost Imperator! ...   Questa gioia per la verità
  non era perfettamente coerente con la poca simpatia verso i scavion
  (francesi) che il Porta aveva più volte espressa ne suoi capolavori. Ma vi è l'altro brindisi,
  che l'anno successivo 'fu letto, forse nella stessa locanda. prescelta come
  ritrovo per cene pseudo-politiche, in allegra compagnia di amici; ed è quello
  che comincia ex abrupto:   Scià del
  vin per Meneghin...   « Comparso, come nota il
  Campagnani, una sola volta per le stampe, nel 1810, senza nome di autore, è
  il primo esempio di ditirambo in dialetto milanese, e offre una splendida
  prova del come il Porta sapesse riuscire in ogni genere di poesia vernacola
  ch'egli tentasse ». L'11 di marzo del 1810
  l'Arciduca Carlo, rappresentando alla corte di Vienna l'Imperatore Napoleone,
  sposava, per procura, l'Arciduchessa d'Austria Maria Luisa. Il l'aprile
  successivo si celebrava nella grande galleria del Louvre, il matrimonio
  civile e il 2 alle Tuileries il matrimonio religioso. «Da tale conubio, (scrive il
  Campagnani) molti speravano avesse a sorgere un'era di pace, cui si agognava,
  in allora, dopo tante fortunose, e guerresche vicende. La nota allegra del brindisi
  se delinea lo scatto delle prime aspirazioni, per un avvenimento, che poteva
  soddisfare un desiderio unanime, mostra che la figura, di Napoleone si era
  ormai imposta al mondo e che la nota dell'inno non era, in allora, un suono
  nuovo perché non se ne sentisse l'eco anche a Milano ».   Finalment
  l'é soltáa foeura.  Cattaloeura.
  – El nost resgiò;  El nost
  Pà, I'Imperator  El se
  sposa! Scià del vin che l'é
  temp de fa glò glò... … … … Vui che
  i rimm del me cervell  Sbilzen
  foeura come el most  Dalla
  spinna  D'ona
  tinna.  Ch'el se
  beva el Pegasée  Tutta
  l'acqua d'Eliconna:  Sto
  miracol di sò pée;  Che sel
  goden rann e sciatt;  Per mi
  l'acqua, se l'é bonna,  L'é domà
  per lavà i piatt.   Dove si vede che anche Carlo
  Porta, non era astemio!... Finalmente in un altro
  ditirambo, nel quale il Poeta appare emulo del Redi, esalta i vini della
  nostra terra (2). Scritto per l'entrata in Milano
  di Sua S. C. M. I. R. A. Francesco I, esso è tutto una frenetica ridda di
  ritmi, che cantano il nuovo... beneamato sovrano.   Trinche
  vain, trinche vain, femm bandoria che l'é
  quest el temp giust de scialalla... Svint,
  su alleger. Coi tazz in di man femm
  evviva al Patron de Milan...   Questa vecchia osteria (ove
  si gustavano, col vino bianco, i famosi «naviselitt» dolce di
  prammatica, come gli amaretti, delle osterie suburbane) era anche la meta
  prediletta del Vicerè Raineri, che vi giungeva in tiro a sei e livree
  color risotto. Al suo arrivo, narra un cronista, «era un gran tramestio fra
  gli equipaggi schierati nel cortile dell'osteria, frequentata da note
  personalità dell'aristocrazia milanese, e un affannoso incrociarsi di
  camerieri ». Oggi invece la vecchia, osteria solitaria, si riflette,
  meditabonda, nello specchio del canale tranquillo. Scende per la Martesana,
  lento e pigro, un vecchio comballo (3). Cuncta fluunt...
  direbbe il poeta. Le pagine della storia, politica, le teste coronate, gli
  entusiasmi frenetici e gli odî implacabili: tutto passa; ma l'inno del Poeta
  resta. Ed è forse ancora assurdo il
  pensare che Stendhal non sia mai. arrivato fin qui, in una chiara domenica
  primaverile, per cogliere con le prime viole, in una sintesi di sogno, il profilo
  della nostra città?...   Terre de gráce e de clarté, Un enfant t'est venti de France Qui te demandait la science;  Tu lui revélas la beauté!...   «La vista del paesaggio mi
  rapisce! (scriverà ancora, forse con un enfasi che ci sembra eccessiva, nella
  Vie de Henri Brulard). Io non se scorgeva la realizzazione del bello,
  pia quando sulla via di Milano, l'abbondanza degli alberi e la ricchezza
  della vegetazione, e persino le pannocchie del granoturco, impedivano, se ben
  ricordo, di vedere a cento passi di distanza a dritta e a sinistra io trovavo
  che quello era il bella. Tale è stata Milano per me durante un ventennio
  (1800-1820). A fatica quest'immagine adorata comincia ora a distaccarsi
  dall'idea del bello. La ragione mi dice: «Ma il bello è Napoli, è Posillipo,
  per esempio; sono i dintorni di Dresda, l'Elba ad Altona, il Lago di Ginevra!
  ». Sì la ragione dice questo; ma il mio cuore non sente che Milano e
  l'ubertosa campagna ond'è circondata ». Riapro oggi un suo romanzo e vi leggo: «....á
  un pique-nique, que nous avons fait à la Cassine des Pommes, nous avons eu de
  très-jolis vers, des idées agréables et nulle affectation » e ancora: la
  Cassine des Pommes, scelta come campo di un duello, viene chiamata,
  niente di meno che « le bois de Boulogne du pays (cioè Milano) » (4) Di questa sincerità, che
  molti milanesi per il timore di apparir troppo provinciali, non hanno,
  dovremmo essere grati allo Stendhal! Ma la Cascina dei Pomi ci
  rievoca pure una pagina delle Memorie del Casanova. Questo indiavolato
  Don Giovanni, durante il suo soggiorno milanese, dopo di aver trascorsa la
  notte a una festa da ballo, tra domini e bautte, tra barcarole e
  furlane, scherzando e scandalizzando graziose mascherine con la sua
  lubrica galanteria, lo si ritrova, compunto «au Casino des Pommes » a
  un banchetto nuziale.   « Nous nous mimes a table (scrive
  l'avventuriero) et au nombre des convives il y avait de fort jolies filles;
  mais j'étais trop occupé de Zénobie (povero sposo !) pour penser à
  elles. Le dîner dura trois heures. Il fut si abondant,
  et les vins étrangers (!) si exquis (come si vede a questa osteria il
  trattamento era eccellente) qu' il ne me fut pas difficile de juger que mes
  vingt-cinq sequins n'avaient pas suffi. La, gaieté ne fut pas exclue... Puis
  chacun se crut en devoir de chanter, et tous n'étaient pas des virtuosi. Nous
  rimes beaucoup. Quand nous nous levámes de table, les embrassades furent
  générales».   E le danze non, potevano
  mancare.   « Une bonne musique s'étant t fait entendre, la
  danse commença, et, en vertu de l'étiquette, le bal fut ouvert par un menuet
  de la belle mariée avee le nouvel époux... Quand les menuets cessèrent, on commença la
  contredanses, qui durèrent jusqu' a la fin du bal, pendant lequel on servit
  force boissons et rafraîchissements. Les «confetti » dragées de couleur que
  l'on fait a Milan, meilleures encore qu' à Verdun («la città dei confettieri
  »), y circulèrent avec profusion ».   A quale specialità milanese,
  in materia di dolciumi, alluda il Casanova, non si sa bene. Con tutta probabilità, dal
  momento che si festeggiavano delle nozze, si trattava dei soliti confetti
  colorati, da noi in uso una volta, e ancor oggi nel contado, chiamati in
  milanese «benis». E difatti quei «benis», in compagnia del Casanova, ne
  videro di… tutti i colori.       Note: (1) Giuseppe Bernardoni,
  eccellente poeta e amico di Carlo Porta, sarebbe, secondo Gaetano Crespi e il
  Salvioni, l'autore di questo brindisi.   (2) Un altro emulo del Redi
  fu il milanese Basilio Bertucci (1531), chiamato da G. Ferrari « il primo
  poeta della Lombardia ». Questo Redi lombardo cantò pure, nei poemetto «
  Bacco in Brianza », i vini della nostra terra, in [specie quello di Lesino. P. Parodi (in «C. M. Maggi»,
  Brera, miscell. P. 1008).   (3) Barca da trasporto per
  materiali pesanti.   (4) Rome, Naples, Florence pag. 49 e seg  | 
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